In Epoca Normanna sorge il casale di Turi, un piccolo borgo arroccato intorno alla Torre Normanna, poi ampliata in castellum dotato di fortificazioni.
A tale periodo risale la Chiesetta di San Rocco posta a ridosso del Lacum Turii, cioè un naturale avvallamento che forma un lago dotato nei secoli di pozzi e cisterne per la raccolta. La Chiesetta è stata costruita tra l’XI-XII secolo d.C. con forme proto - romaniche d’influenza bizantina e quindi coeva, se non antecedente, alla torre Normanna.
La copertura è caratterizzata da due tamburi a base quadrangolare sovrastati da due piramidi rivestite in chiancarelle. Tra il XII e il XIII secolo viene arricchita con l’attuale piccolo campanile a vela, cuspidato, e subisce nel 1505 una rotazione dell’altare di 180° e la dedica a San Rocco.
“U pàssa pàsse” è un rito che si svolge la mattina del 25 Aprile, nei pressi della Chiesa di San Rocco dove, sul piazzale antistante, viene celebrata la Messa per poi avviarsi il corteo processionale aperto dalla Confraternita dell’Addolorata seguita dal cippo scolpito raffigurante l'Annunciazione e seguito dai fedeli che tengono per mano i bambini con delle fasce di stoffa colorata al braccio segno della durata di legame con il padrino o la madrina, cantando per invocare la protezione della Madonna. Si compiono tre giri di processione intorno all'isolato della chiesetta. Il rito va compiuto dal padrino e dalla madrina insieme col bambino o la bambina per tre anni consecutivi e può fare da padrino solamente chi a sua volta è stato "passato".
Nella seconda metà del XV secolo, in seguito alla conquista aragonese, il feudo di Turi passa nelle mani di Giulio Antonio Acquaviva, Conte di Conversano.
A questo periodo è possibile far risalire la terza mutazione dell’abitato che si amplia verso Sud, andando a comprendere la Chiesa Madre, elevata a Collegiata nel 1407.
Essa rappresenta un autentico scrigno secolare di pregiate opere artistiche, tra cui la Cappella Moles, e le opere di Stefano da Putignano quali la Madonna di Terrarossa e la Ss. Trinità. Ma anche opere più tarde di Aniello Stellato, Nicola De Filippis e Giuseppe De Mattia.
Dal 1530 al 1546 il feudo di Turi è soggetto a numerosi cambi di proprietà (Isabella Caracciolo, Guttero Nava) fino ad arrivare allo spagnolo Francesco Moles I, originario di Gerona (Catalogna).
La famiglia Moles, annovera rapporti strettissimi con l’Ordine di Malta, per i territori di Puglia e Basilicata, e in tal senso decide intorno al 1580 con Gabriele Moles, nipote di Francesco I Moles, di costruire extra moenia, nei pressi di una cappella intitolata a San Giovanni Battista, l’omonimo convento dei Padri Francescani. Ciò, insieme all’elezione nel 1588 di Francesco Moles (nipote) a “Priore di Barletta”, per l’Ordine di Malta, il cui Patrono era il “Battista”, viene incentivata la già fervente devozione verso il Santo, tant’è da essere proclamato Patrono di Turi.
Nel convento dei Padri Francescani sono racchiuse opere dall’alto valore artistico, quali il Calvario di Fra Angelo da Pietrafitta e le tele di Fra’ Antonio da Conversano, Alonso De Corduba, Gaspare de Populo e del pittore materano, turese d’adozione, Donato Paolo Conversi.
Nel XVII secolo, i fratelli De Vittore, con lascito testamentario, impongono nel 1623 l’edificazione all’interno delle mura, del Convento delle Clarisse elevato a Clausura, e dell’annessa Chiesa di Santa Chiara, al cui interno vi sono mirabili opere dei maestri Carlo Amalfi, Fedele Fischetti, e Samuele Tatulli.
E’ del 1644 invece l’edificazione lungo la via di collegamento tra il centro abitato e i Pozzi, della Chiesa di San Domenico, su precise indicazioni testamentarie del notabile Santo Cavallo, con annesso convento dei Padri della Madre di Dio (Padri Scolopi), che con le loro “Scuole Pie” gratuite, s’impegnano a debellare l'analfabetismo, tant’è che a metà del ‘700 Turi poteva vantare su una delle popolazioni più alfabetizzate della “Terra di Bari”.
La Chiesa di San Domenico, è un gioiello del barocco coi suoi interni finemente decorati e il maestoso altare intagliato nel legno dorato. Al suo interno vi sono diverse opere di cui una attribuita da alcuni studiosi ad Angelo Solimena.
Nel 1892 vede la luce l'emblema laico di Turi, la Torre dell'Orologio in stile liberty, dotato di ben tre quadranti posti in direzioni diverse. Il progetto viene affidato all’architetto conversanese Sante Simone e i lavori al mastro scalpellino turese Giuseppe Schettini che, nella sua realizzazione, fissa nella pietra la maestria dei maestri scalpellini turesi.
Il Borgo Antico di Turi è caratterizzato dalle strette viuzze delimitate dalle tipiche abitazioni turesi, costituite da un vano al piano basso detto “juse” (sottano) e da uno al piano alto (rialzato) detto soprano, collegati da una scala esterna con ballatoio, detta “u vetterèle”. Passeggiando per le viuzze, si scorgono numerose arcate, elementi strutturali di antiche mura e moltissime edicole votive, segno di una forte e antica devozione che trova rappresentanza nella Cappellina della Madonna della Grazia, unica superstite tra le tante piccole cappelle e chiese che arricchivano l’abitato.
Il Borgo Antico diviene ogni anno la location ideale per una serie di eventi enogastronomici di grande richiamo, nei quali vengono valorizzati i prodotti tipici del territorio: le rinomate e apprezzate Ciliegie “Ferrovia” e le percoche di Turi, ma anche pietanze di carne come le famose “Trònere” e i dolci di mandorla tra cui la deliziosa “Faldacchea”.
CHIARA SPINELLI
Presidente Pro Loco Turi
Commenti
Posta un commento